Il tesoro ritrovato del futurista Gerardo Dottori

Il tesoro ritrovato del futurista Gerardo Dottori

Dopo il restauro, la casa di moda Luisa Spagnoli svela il ciclo pittorico di Gerardo Dottori riscoperto all’interno dell’azienda


Perugia, 23 Marzo

È riemerso dopo un anno di lavori di restauro nello stabilimento perugino dell’Azienda Luisa Spagnoli, un “tesoro artistico” del futurista Gerardo Dottori (1884-1977). Nicoletta Spagnoli, Amministratore Delegato e Presidente dell’azienda, ha deciso di riportare alla luce un intero ciclo pittorico celato sotto l’intonaco, restituendo alla città di Perugia un’importantissima testimonianza di duplice valenza: artistica e sociologica.
La scoperta è di Francesca Duranti, storica dell'arte e vice presidente degli Archivi Dottori, che da tempo si interrogava su possibili interventi del futurista nella fabbrica Spagnoli, avendo archiviato le immagini di alcune opere dell'artista sul tema della fabbrica di Santa Lucia e sui “famosi” Conigli d’angora. Dopo approfondite ricerche, si imbatté in un documentario RAI su Luisa Spagnoli in cui comparivano immagini sconosciute del cortile della fabbrica di Perugia, dove si leggevano chiaramente interventi pittorici all’ingresso delle botteghe artigiane. Confrontandosi con gli altri esperti di Dottori, Massimo Duranti, Andrea Baffoni e Antonella Pesola, si pensò subito al futurista per la morfologia dei volti e altri suoi stilemi tipici. Si intuì presto la possibilità che fossero rimasti nascosti sotto un nuovo intonaco passato in una fase successiva.

Nicoletta Spagnoli espresse immediatamente la volontà di approfondire il discorso facendo fare dei saggi sulle pareti, affidandole alle mani esperte delle restauratrici Alessia Fumi e Annamaria Mantucci, alle quali si deve il merito di aver riportato alla luce l'interessante ciclo pittorico.
Quarta generazione della dinastia Spagnoli, Nicoletta Spagnoli conosceva l’artista futurista perugino di fama, ma nulla sapeva del suo intervento nella fabbrica di famiglia perché quando tornò dall’America, negli anni Ottanta, per prendere la direzione dell’azienda, dopo la prematura scomparsa del padre Lino, le pareti della Piazzetta degli Artigiani, dove si trova l’intero ciclo pittorico, erano già state ricoperte.
Quelle pitture murali di raffinata sintesi decorativa con linguaggio tradizionale, ma con inserti futuristi, Dottori le realizzò nel 1947, anno in cui fu costruito il nuovo stabilimento della Luisa Spagnoli, la “Città dell’angora”.
Furono commissionate da Mario Spagnoli che da grande imprenditore e mecenate qual era, chiese a Dottori (ma anche a un gruppo di giovani artisti come Enzo Brunori, Domenico Caputi, Romeo Mancini, Enzo Rossi per dipinti murali all'esterno, purtroppo andati perduti) di decorare l'interno della sua nascente cittadella operaia. Sono note al mondo imprenditoriale la mentalità e la cultura di Mario, l’attenzione per gli aspetti estetici e sociali (l’asilo nido, la piscina ed altri servizi) che mise nel realizzare la Città dell’angora, convinto che un tocco d'arte avrebbe concorso a creare un ambiente di lavoro sereno e stimolante, dal quale tutti, proprietà e dipendenti, avrebbero tratto beneficio. Il disegno architettonico di questo luogo, ancora oggi leggibile, ricorda quello di un villaggio autosufficiente. I padiglioni erano collegati da vialetti alberati, dove erano inserite le officine dei vari artigiani che lavoravano per l’azienda. Alla maniera delle antiche botteghe, erano allineate lungo le strade intorno a una piazza centrale, chiamata Piazzetta degli artigiani, come in un antico borgo umbro.
Ed è qui che Dottori realizzò interventi murali, uno per ogni bottega.
Il ciclo pittorico si apre sotto il portico dell’ingresso dell’azienda con una splendida Madonna con Bambino in trono con i due angeli in adorazione che sovrastano le due figure: una composizione di stile rinascimentale non nuova per il Dottori muralista, particolarmente affezionato alle Madonne peruginesche. Si entra poi nella Piazzetta dove si viene accolti dalla Santa Lucia protettrice della bottega del fabbro, per proseguire con la segheria, il falegname, l’ebanista, il pittore, lo stagnaro, il medico, la biblioteca, il pediatra.
Domina le composizioni la tecnica pointilliste, tipica di Dottori e non mancano, fra il linguaggio figurativo, accenti futuristi come nell’identificazione simbolica dell'esplosione della bombola dello stagnaro.
Oggi, grazie alla sensibilità di Nicoletta Spagnoli, pronipote della fondatrice della casa perugina di moda, imprenditrice di successo che ha consolidato la diffusione del marchio di famiglia nel mondo, è stato possibile compiere lo svelamento di questo importante ciclo pittorico che conferma il talento di Dottori, ma anche l'intuizione dell'imprenditore illuminato. Il mutuo legame tra attività produttive e impegno creativo, per la famiglia Spagnoli, è una lunga tradizione cominciata con la fondatrice.
L’azienda, facendosi promotrice di iniziative a favore di tutta la comunità, è sempre stata radicata nel tessuto sociale della terra umbra e il suo successo è cresciuto di pari passo, stimolandolo, con il progresso economico e culturale di Perugia.
La famiglia ha gestito direttamente questa attività con scelte innovative e talvolta coraggiose, ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le radici e offrendo sostegno ad attività artistiche e culturali nel territorio da cui la sua lunga storia si è dipanata.
Questa generosa tradizione si rinnova oggi con l’impegno di Nicoletta Spagnoli nel riportare alla luce a favore di tutta la collettività questo tesoro artistico che rischiava di andare perso per sempre.

Il tesoro ritrovato del futurista Gerardo Dottori

DOTTORI, CHAGALL, SOUTINE, KHODASEVICH-LEGER

DINAMISMI, ESPRESSIONE, SEGNI E SOGNI
SGUARDO SULL’ARTE DEL PRIMO NOVECENTO FRA ITALIA E BIELORUSSIA


Museo Nazionale delle Belle Arti della Repubblica di Belarus, Minsk
31 maggio - 4 luglio 2017

Il futurista perugino Dottori, insieme a Chagall ed altri maestri del ‘900 nativi della Bielorussia, rappresenterà l’Italia a Minsk nell’Anno della Cultura Italiana.
Questa mostra nasce nel quadro delle manifestazioni per l’Anno della Cultura Italiana in Bielorussia 2017, ed è stata promossa dall’Ambasciata d’Italia a Minsk, in coincidenza con il 25^ anniversario dell’avvio formale delle relazioni diplomatiche fra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Belarus, dal Comune di Perugia, dal Museo Nazionale delle Belle Arti della Repubblica di Belarus, da Belgazprombank, col supporto degli Archivi Dottori.
L’evento, fortemente voluto dall’Ambasciatore Italiano in Bielorussia, Stefano Bianchi, ha ricevuto il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dell’Assemblea legislativa della Regione Umbria, del Ministero della Cultura della Bielorussia, della Città di Minsk e il Patronato della Presidenza della Regione Umbria. General sponsor: KORONA, PATRON, BELAGROPROMBANK; Media partner: canale televisivo nazionale ONT, radio ONT 101.7; sponsor tecnici: Belavia e Renzini alta norcineria.
Il Comune di Perugia ha condiviso il progetto con l’intento di proseguire l’attività di valorizzazione dell’opera di Dottori, cui è dedicata una sezione del Museo civico di Palazzo della Penna, e di internazionalizzazione della città, anche nell’ottica di una promozione culturale e turistica del proprio patrimonio museale.
La scelta dell’Ambasciata è caduta su Dottori e il curatore, Massimo Duranti - coadiuvato da Andrea Baffoni e Francesca Duranti degli Archivi Dottori - oltre ad avvalersi di alcune opere significative esposte nella Raccolta Dottori di Palazzo della Penna e di quelle di generosi prestatori privati, ha voluto che in questa circostanza si realizzasse un irripetibile incontro fra il nostro futurista, del quale ricorre quest’anno il 40°è anniversario della scomparsa, esponente di primo piano del movimento marinettiano - avanguardia artistica italiana che si diffuse ampiamente, seppure originalmente, anche in Russia, e che influenzò la nascita di movimenti d’avanguardia in tutta l’area dell’est europeo - e tre eccellenze artistiche della prima metà del ‘900 originarie della Bielorussia. Al Museo Nazionale d’Arte di Minsk un gruppo significativo di opere di Dottori dialogheranno allora con i sogni poetici di Marc Chagall, l’espressionismo di Soutine e le astrazioni di Nadia Khodasevich-Léger. Del futurista saranno in mostra 14 fra dipinti, idromatite e disegni datati fra la fine dell’800 e i primi anni Quaranta del ‘900; di Chagall due dipinti importanti con i tipici “innamorati” e di Soutine un famoso ritratto femminile e un suo tipico paesaggio, opere tratte dalla prestigiosa collezione “corporate” della Belgazprombank; infine ci saranno due rare opere grafiche di Nadia Khodasevich del Museo Nazionale delle Belle Arti di Minsk. Per la parte Bielorussa hanno collaborato col curatore Olga Kletskina del Museo Nazionale e Alexandr Zimenco per Belgazprombank, con il concorso e la supervisione dell’Ambasciata d’Italia a Minsk.
L’originale quartetto contempla protagonisti di stagioni e temperie differenti, sviluppatesi lontane fra loro e maturate nel tempo con affinità di ricerca del nuovo, almeno per Dottori, Soutine e la Khodasevich, ma forse anche per la poesia sognata di Chagall che si coniuga con il lirismo del paesaggio dottoriano. Personalità che si espressero fra Italia, Bielorussia e Francia dove tutti e tre i pittori originari della Bielorussia operarono prevalentemente, senza peraltro cancellare il retaggio antropologico-culturale della terra di origine che trasudava di poesia, dunque di sogno, ma anche di avanguardia astratta e di espressionismo. A corredo, saranno esposti documenti, autografi, immagini e riviste tratti dall’Archivio Dottori e proiettati documentari sulla vita del futurista perugino.

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943

Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943

18 Feb – 25 Jun 2018


Fondazione Prada, Milan

“Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943,” conceived and curated by Germano Celant, is an exhibition that explores the world of art and culture in Italy in the interwar years. Based on documentary and photographic evidence of the time, it reconstructs the spatial, temporal, social and political contexts in which the works of art were created and exhibited, and the way in which they were interpreted and received by the public of the time. The investigation was carried out in partnership with archives, foundations, museums, libraries and private collections and has resulted in the selection of more than 600 paintings, sculptures, drawings, photographs, posters, pieces of furniture, and architectural plans and models created by over 100 authors. In “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918–1943,” these objects are displayed with period images, original publications, letters, magazines, press clippings, and private photographs – for a total of 800 documents – in order to question, as explained by Germano Celant, “the idealism in exhibitions, where works of art, either in museums or other institutions, are displayed in an anonymous, monochromatic environment, generally on a white surface, to connect them to period photographic testimony and reinsert them in their original historical communication space”.
Staged in the Sud gallery, Deposito, Nord Gallery and Podium, the exhibition provides an immersive experience consisting of 24 partial reconstructions of public and private exhibition rooms. These full-size recreations from period photographs contain original works by artists such as Giacomo Balla, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Gerardo Dottori, Filippo de Pisis, Arturo Martini, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Arturo Tosi, and Adolfo Wildt, among others.
Consideration of the contemporary social, political and vital context is provided by the exhibition’s presentation of architectural plans, urban planning and large official expositions also conveyed through spectacular projections. Consideration of the social conext of the time is also achieved through thematic focuses dedicated to politicians, intellectuals, writers and thinkers who were active during this period of powerful radicalization of ideas. At the Fondazione’s Cinema 29 integral newsreels, selected in collaboration with Istituto Luce – Cinecittà, distributed in Italian cinemas between 1929 and 1941. The footage documents the different install and opening phases of some of the most important exhibitions and cultural events of those times.

Italian Futurism, 1909-1944: Reconstructing the Universe

Italian Futurism, 1909-1944: Reconstructing the Universe

Guggenheim, New York

The Guggenheim’s new survey of Italian futurism speeds up the museum’s spiral ramp, popping with invention and bursts of rhetoric. But the show slows as it rises, until it pants and plods into the movement’s dotage on the upper floors. Futurism had a pair of explosive stars whose ends, nearly 30 years apart, defined its first and second acts. In his paintings and sculptures, Umberto Boccioni dismantled old pieties and rebuilt awkwardness into dynamic elegance. He was killed in 1916, and if the exhibition had ended there it would have told only the story’s glorious beginning. Instead, the show perseveres until the death in 1944 of futurism’s three-named, sartorially splendid, relentlessly provocative and prodigiously mustachioed propagandist, Filippo Tommaso Marinetti. Almost immediately, we come face to mangled face with “Antigraceful”, Boccioni’s brilliantly unsentimental 1913 portrait of his mother and muse. He spared her no violence, gouging her round, comfortable features into grotesque clods. She has been ravaged by the forces of modernity, flayed into strands of the cityscape all around. Boccioni collapses space and time into bronze, making his mother’s image the portrait of an age. “We must smash, demolish and destroy our traditional harmony, which makes us fall into a gracefulness created by timid and sentimental cubs,” he proclaimed. He loved his mother and painted her often, but he was no timorous pup. He paid her the honour of plucking her from filial corniness. Boccioni both embodied and transcended futurism’s speed-drunk bombast. In “Dynamism of a Cyclist”, gold, green, fuchsia, and indigo shards collide and rearrange themselves into a portrait of pure, hectic energy. “The City Rises” goes further, weaving horses, motorcars, factories and pavement into a kaleidoscopic tapestry of feverish rhythms. Here and in the monumental triptych “States of Mind” Boccioni merged physical and psychological reality. He captured the way it feels to be tossed in the tumult of a train station, and analysed the way we project emotions on to our surroundings. The oblique tilt of “Those Who Go” conveys the “loneliness, anguish and dazed confusion” of departure. In “Those Who Stay”, staid verticality hints at the static sadness of loved ones left behind. Boccioni craved war and died young. He volunteered for the Italian army, and was hurled from his saddle during a training exercise. It’s hard not to speculate about his thoughts during his final seconds: he might have preferred to be thrown from an irreproachably modern car instead of an antediluvian horse, but perhaps he savoured the experience of lethal momentum. In any case, his quick death was the beginning of the movement’s protracted end. Curator Vivien Greene does a superlative job of tracing the movement’s birth and trajectory, and she is determined to see it through to the spluttering finale. To the roster of well-known names – Marinetti, Boccioni, Carra, Balla, Severini, Sant’Elia – she adds another cohort, responsible for the muted, mechanistic and deadened iterations of the 1920s and 30s. They include Fortunato Depero, who dabbled in posters, puppetry and graphic design, visited New York in 1928 and produced a series of inert city views. The point of Greene’s thoroughness is not to trumpet mediocrity but to examine the movement in all its moral and political complexity. Futurism, like fascism, was an attitude more than a philosophy, a glorification of youth, action and militarism concentrated in a leader’s personality. That artistic Caesar was Marinetti, who in turn fawned on Mussolini – at least until the Duce declined to anoint futurism as the state’s official art. Born in Egypt to Italian parents and educated in France, Marinetti was both a cosmopolitan and a zealous nationalist, hamming it up on an international stage. The manifesto he penned in 1909 – by far his most brilliant achievement – appeared on the front page of Le Figaro, France’s leading daily. The magniloquent Marinetti wrote like Whitman on speed, exalting “movements of aggression, feverish sleeplessness, the double march, the perilous leap, the slap and the blow with the fist”. He extolled the dynamism of urban life, the rat-tat-tat of industry and the vibrancy of transit. “A roaring motor car which seems to run on machine-gun fire is more beautiful than the Victory of Samothrace,” he declared. To Marinetti, modernity meant violence, which he thought of as a cleansing force, wiping away obsolete sentimentalism in spasms of masculine energy. “We want to glorify war – the only cure for the world – militarism, patriotism, the destructive gesture of the anarchists, the beautiful ideas which kill, and contempt for woman.” That last clause seems to have embarrassed the Guggenheim, which puts it out there with little comment or context. In his manifesto, Marinetti placed feminism alongside museums and libraries as aspects of an exhausted culture to be wiped away. That position only sort of aligned with fascist orthodoxy, which treated women as precious machines for popping out babies and increasing the ranks of patriots. Rather than lingering on the movement’s revulsion towards the less swashbuckling sex, Greene includes a few decorative but not distinctive works by Benedetta Cappa, who was virtually the movement’s sole female painter – and Marinetti’s long-suffering wife. In her pursuit of comprehensiveness, Greene toughs out the dullness and disappointment of the final chapter. She can’t prevent the show from fizzling in synch with its subject, but she does lay out a nuanced understanding of why the futurists failed. For most of the 1920s and 30s, they tried to reconcile their desire for freshness with their militarism, to marry their programme of perpetual upheaval to the increasingly conservative tastes of the regime. The paradox was bound to fall apart. Inevitably, an iconography of flux ossified into a catalogue of bellicose emblems: aircraft, tanks and radio towers. Already by its second decade, Futurism was trapped in a credo of newness that proved unable to adapt.

Gerardo Dottori the Futurist View

Gerardo Dottori the Futurist View

Estorick Collection, Londra

Capolavori del maestro dell’aeropittura futurista in mostra alla Estorick Collection Gerardo Dottori (1884-1977) è stata una delle figure cruciali del Futurismo italiano negli anni tra le due guerre mondiali, pur avendo aderito al Futurismo nel 1912 e realizzato opere coerenti con la prima stagione futurista.
Le sue ampie e liriche visioni del paesaggio umbro, visto dall’alto, sono stati tra i primi e più significativi esempi di aeropittura – la tendenza dominante in ambito futurista durante gli anni ’30 del Novecento che esplorò le prospettive dinamiche del volo.

Un’importante esposizione che riunisce circa cinquanta pezzi tra dipinti e disegni di Dottori aprirà le porte al pubblico il 9 luglio prossimo alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra, al numero 39a di Canonbury Square, fino al 7 settembre 2014, promossa in collaborazione con gli Archivi Dottori, il Comune di Perugia-Museo di Palazzo della Penna, Regione Umbria e Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, col patrocinio di Perugia2019, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.
La mostra presenterà una visione completa dell’affascinante percorso dell’artista, includendo non solo le già note aeropitture - distinte per il loro carattere meditativo e dall’interesse per la visione agreste - ma anche opere della fase giovanile Divisionista e di quelle futurista e astratto-futurista.